Folia Theologica et Canonica 3. 25/17 (2014)

SACRA THEOLOGIA - Franco Anelli, Universita, nuovo umanesimo e unita del sapere

22 FRANCO ANELLI “Principio di realtà”. Nella visione di questo intellettuale, certamente non ar­ruolatile tra i pensatori che trassero ispirazione dalla antropologia cristiana e dal pensiero sociale cattolico, l'idea di ordine e di società ordinata rappresenta­no una conquista. Esse sono l’alveo entro cui può scorrere, per essere privata dell’impeto originario mediante norme e regole che le fanno da argini, ciò che egli - discutibilmente - identifica con la libertà: l’esercizio spontaneo e non mediato delle pulsioni individuali. Freud sviluppa il suo ragionamento sul rap­porto tra ordine e libertà segnalando come questa dinamica, se perturbata, av­rebbe potuto produrre disagi non solo sul singolo individuo, ma anche sulla col­lettività. Oggi, nello stesso continente dove quasi un secolo fa Freud elaborò le sue riflessioni, un’idea di libertà individuale (che, in vero, lo stesso pensatore vien­nese contribuì a diffondere) sempre più svincolata da quelle istanze di respon­sabilità personale e sociale che sinteticamente potremmo chiamare “doveri”, tende ad affermarsi come valore sovrano e orizzonte ultimo. Zygmunt Bauman riassume così questa condizione contemporanea: «La libertà individuale, un tempo un peso e un problema (forse il problema) per tutti i costruttori dell’or­dine, è diventata il vantaggio e la risorsa maggiore nel continuo processo di autocreazione dell’universo umano. Gli uomini e le donne postmoderni scambiano una parte delle loro possibilità di sicurezza per un po’ di felicità. Il disagio della modernità nasceva da un tipo di sicurezza che as­segnava alla libertà un ruolo troppo limitato nella ricerca della felicità indivi­duale. Il disagio della postmodernità nasce da un genere di libertà nella ricerca del piacere che assegna uno spazio troppo limitato alla sicurezza individua­le».4 La rivendicazione assoluta, in taluni casi esasperata, di “diritti” disancora­ti da doveri verso il resto della società, trova radici in una “deregulation dei va­lori” favorita dall’oscuramento dell’etica e dalla progressiva affermazione di ciò che la Caritas in Ventate, riprendendo la Populorum Progressio, definisce “ideologia tecnocratica”5. Se nel mondo dei blocchi politici contrapposti il po­tere tentava ancora di asservire la tecnica all’ideologia politica, oggi essa tende, secondo la celeberrima “profezia” di Martin Heidegger6, a liberarsi da ogni ipo­teca. La riflessione del filosofo tedesco sulla tecnica ci aiuta a cogliere una delle premesse con cui la “modernità” ha preparato l’avvento di ciò che oggi definia­mo “post-modernità”: «Nella storia dell’età moderna, e in quanto storia dell’­4 Bauman, Z., La società dell’incertezza, Bologna 1999. 10 5 “Dall’ideologia tecnocratica, particolarmente radicata oggi, Paolo VI aveva già messo in guar­dia, consapevole del grande pericolo di affidare l’intero processo dello sviluppo alla sola tecni­ca, perché in tal modo rimarrebbe senza orientamento.” CV, 14. 6 Si veda, tra gli altri scritti, il testo tratto dalla celebre conferenza tenuta a Monaco nel 1953: Heidegger, M., Die Frage nach der Technik, 1953. Trad..it.: Heidegger, M., La questione del­la tecnica, in Saggi e discorsi, Milano 1976.

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