Folia Theologica et Canonica 3. 25/17 (2014)

SACRA THEOLOGIA - Franco Anelli, Universita, nuovo umanesimo e unita del sapere

20 FRANCO ANELLI zione - riprendo la celebre formula del Cardinale Newman - della “idea di uni­versità”1 a cui si fa riferimento e una riflessione sull’attualità della sua missione educativa. Da qualche tempo sono divenute più forti e insistenti le pressioni esercitate sugli atenei affinché elaborino una formazione più legata alle richieste del mer­cato del lavoro e conducano attività di ricerca fortemente orientate ad immedia­te ricadute applicative. Le modalità con cui tali pressioni vengono attuate sono molteplici: si pensi ai finanziamenti pubblici e privati mirati, che tendono a far prevalere una ricerca orientata a specifici risultati, piuttosto che al progresso delle conoscenze come valore in sé; all’affermarsi di criteri quantitativi di valu­tazione dell’attività e della reputation; all’imporsi di una disciplina normativa dell'organizzazione degli atenei e del reclutamento dei docenti sempre più stringente e tale da ridurre i margini di autonomia delle università (fenomeno particolarmente evidente in Italia). E sempre più spesso tali aspettative investo­no non solo, come sarebbe naturale, la formazione post lauream, ma anche la prima fase della carriera universitaria (bachelor or first degree), che dovrebbe essere il luogo dell’acquisizione delle conoscenze di base delle diverse materie. Non si tratta, naturalmente, di sottovalutare l’importanza degli obiettivi che in tal modo si vogliono raggiungere; tanto meno di negare il ruolo che il siste­ma dell’istruzione superiore può svolgere per rendere più competitive le econo­mie europee e favorire l’accesso al lavoro degli studenti. Si tratta, però, di im­postare questa relazione con saggezza ed equilibrio; cioè, senza sacrificare la funzione educativa e di generale accrescimento culturale propria dell’univer­sità. Non si possono sottacere i rischi connessi alla penalizzazione degli ambiti di studio considerati meno “produttivi” di ricchezza materiale o coerenti con le attese del “mercato” e, ancor prima, di quella vocazione alla universalità, che è tratto costitutivo di una univers it as. Tutto ciò, senza considerare il fatto che questo genere di formazione, in un’epoca di continue e spesso imprevedibili trasformazioni tecnologiche, geo-economiche e geo-politiche, può essere facil­mente soggetta a precoce obsolescenza. Un’evenienza, i cui effetti sarebbero aggravati dalla mancanza delle solide basi culturali e metodologiche che facili­tano la riconversione professionale delle persone, rendendole capaci di adattar­si e rinnovarsi, assecondando - e non subendo - i mutamenti del contesto. Questa restrittiva e strumentale visione della formazione universitaria, oltre a essere inadeguata sul piano antropologico e sociale, sembra partire anche da una falsa percezione dei reali bisogni educativi delle economie europee. Il nost­ro continente deve oggi competere con paesi ricchi di materie prime e risorse energetiche, in cui il costo della manodopera è modesto, il fìsco meno gravoso, i controlli a tutela della legalità, dell’ambiente, della sicurezza delle persone, meno stringenti. Non sarebbe possibile, e ancor meno accettabile, portare la 1 Newman, J. H., The idea of a university defined and illustrated, 1852.

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