Folia Theologica et Canonica 2. 24/16 (2013)

IUS CANONICUM - Péter Erdő, Le liturgie orientali dopo la Sacrosanctum Concilium - Aspetti teologici e giuridici

152 PÉTER ERDŐ modo il rito riceve un accento di diritto costituzionale nella chiesa15. Il fenome­no che la tradizione liturgica risulta costitutiva per le chiese sui iuris rivela un fatto storico-teologico profondo. Si tratta dell’unità originale della traditio apostolica che aveva da parte sua aspetti liturgici, dogmatici, morali e discipli­nari, come si vede chiaramente dalle collezioni pseudo-apostoliche dell’anti­chità cristiana16. Dato che la liturgia come tale è celebrazione di Cristo e di tutta la Chiesa, essa per sua stessa natura non dev’essere arbitraria, e quindi deve avere una certa normatività (cf. CCEO c. 668 § 1-2). La nascita delle regole liturgiche porta la sua spiegazione nella natura teologica della liturgia cristiana. Oltre ai due sensi principali della parola rítus presenti nel nuovo diritto canonico orientale si riscontra un terzo senso nel Codice di diritto canonico vigente. Questo termine indica infatti varie volte la qualità di un fedele che appartiene a qualche chiesa rituale ossia sui iuris. Così si parla di fedeli di rito diverso (CIC cc. 383 § 2, 450 § 1, 476, 479 § 2, 991, 1015 § 2, 1021, 1127 § 1 ecc.). Riguardo i libri liturgici si osserva una grande diversità nelle chiese orientali. Il loro rinnovamento è tutt’oggi in corso17. “La normativa sull’edizione dei libri liturgici orientali - come ribadisce Péter Szabó - con l’entrata in vigore del CCEO ha subito una modifica sostanziale ispirata daH’ultima assise conciliare. In accordo con la prassi antica, oggi le Chiese orientali hanno un’ampia autono­mia anche riguardo la regolamentazione della propria vita liturgica”18. Nella normativa precedente la prima edizione e l’approvazione dei libri liturgici ori­entali era riservata alla Congregazione per la Chiesa Orientale (Cleri sanctitati cc. 195 § 1, 2°; 279 § 2). Ciò si riferiva anche ai libri delle chiese patriarcali. Nel CCEO invece l’approvazione dei libri liturgici per le chiese patriarcali e metropolitane sui iuris spetta al capo della rispettiva chiesa col consenso del suo organo sinodale, benché con la previa revisione della Sede Apostolica (CCEO c. 657 § 1). La differenza in questo punto è piuttosto concettuale e di accento, poiché il soggetto dell’approvazione è il Patriarca, l’Arcivescovo maggiore o il Metropolita sui iuris, mentre alla Santa Sede spetta la previa revi­sione. Per le altre chiese cattoliche orientali non patriarcali o metropolitane è invece necessaria l’approvazione della Congregazione per le Chiese Orientali. Quando si tratta di edizioni tipiche dei libri liturgici orientali cattolici, nella prassi più recente della Congregazione l’espressione editio typica indica il fat­to, che l'edizione è stata pubblicata sotto l’autorità di questa congregazione. 15 Cfr. Nacci, M., Il concetto di "rítus” nel Codex Canonum Ecclesiarum Orientarum, in Apollinaris 81 (2008) 1021-1034. 16 Cfr. Erdő, P., Storia delle Fonti del Diritto Canonico (Istituto di Diritto Canonico San Pio X, Manuali II), Venezia 2008. 18. 17 Cf. Taft, R., I libri liturgici, in Cavallo, G. (a cura di), La cultura bizantina, Roma 2004. 229-256. Szabó, P., I libri liturgici orientali e la Sede Apostolica. Sviluppo della prassi e stato attuale, in Folia Canonica 7 (2004) 261-287. 18 Szabó, P., I libri liturgici, 273.

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