Folia Canonica 12. (2009)

STUDIES - Georges Ruyssen: Forme istituzionali di collaborazione interrituale, ieri ed oggi

98 GEORGES RUYSSEN nazione dell’attività pastorale, impedisce la dispersione déllé forze o la mancan- za di coesione ffa i gerarchi ed infine introduce un elemento di solidarietà col­legiale nella vita della Chiesa11. Questa soluzione permette anche di onorare la ricchezza delle varie tradizioni rituali, riconosciuta come principio chiave del Decreto conciliare Orientalium Ecclesiarum'2. La collaborazione interrituale nel Motu Proprio Cleri Sanctitati e nel Concilio Vaticano II L’idea di una collaborazione interrituale nel senso della coordinazione delle attività di varie Chiese sui iuris tramite incontri informali dei gerarchi risale al Motu Proprio (MP) Cleri Sanctitati dei 2 giugno 1957. II c. 4 dei MP Cleri Sanctitati raccomandava i gerarchi locali di promuovere l’unità di azione fra di loro: Locorum Hierarchae in eodem territorio iuris dictionem optinentes, collatis consiliis, uni­tatem actionis inter diversi ritus clericos foveant, et, viribus unitis, communia adiuvent ope­ra, ad bonum religionis expeditius promovendum et cleri disciplinam efficacius tuendam ,u II canone paria di un confronto di pareri con cui i gerarchi locali pro- muovono l’unità di azione fra i chierici dei vari riti. Con sforzi coordinati si 11 12 13 11 « Après avoir souligné le pluralisme dans l’Eglise, le Concile se devait d’en prévenir un des grands inconvénients pratiques : la dispersion des forces, l’émiettement de l’action, le manque de cohésion chez les responsables [...] Mais quand par suite de la multiplicité de juridiction dans l’Eglise, il y a, sur le même territoire, plusieurs Evêques, qui est responsable ? En principe tous sont responsables solidairement. Mais cela ne peut se faire pratiquement que s’ils se réunissent périodi­quement, s’ils se concertent, s’ils agissent de concert. [...] Concrètement, dans un territoire déter­miné à juridiction multiple, les questions les plus graves ressortiront quand même d’une autorité unique qui, au lieu d’être celle d’un Hiérarque seul, devient celle d’un synode des Hiérarques : ce qui en définitive, est une chose excellente et introduit dans l’Eglise un élément démocratique modéré, davantage conforme aux traditions de l’Orient » Edelby - Dick, Les Eglises (nt. 4), 187-188. 12 La varietà dei riti non nuoce all’unità: "... la varietà nella Chiesa non solo non nuoce alla sua unità, ma anzi la manifesta; è infatti intenzione della Chiesa cattolica ehe rimangano salve e integre le tradizioni di ogni Chiesa o rito particolare... “ (OE n° 2). I diversi riti godono della stessa dig- nità; "... Queste Chiese particolari, sia di Oriente che d’Occidente sebbene siano in parte tra loro differenti in ragione dei cosiddetti riti [...] Esse quindi godono di pari dignità, cosicché nessuna di loro prévale suile altre per ragioni di rito, ed usufruiscono degli stessi diritti e sono tenute agli stessi obblighi...” (OE n° 3). I diversi riti vanno salvaguardati: “Si provveda perciô in tutto il mondo alla tutela ed incremento di tutte le Chiese particolari [...] Infine, tutti c singoli i cattolici [...] man- tengono dovunque il loro proprio rito, lo onorino e, secondo Ic proprie forze, lo osservino...” (OE n° 4). 13 Pius XII, Motu Proprio Cleri Sanctitati, 2 Iunii 1957, AAS 1957, 433—603. II c. 4 riferisce a un decreto dei Sinodo provinciale di Alba Iulia & Fagaras dei romeni dei 1900. Tit. II, Cap. I §5, Concilium Provinciale Tertium: Provinciae Craeco-Catholicae Alba-Iuliensis et Fagarasiensis celebratum anno 1900, Blaj 1906, 79. Secondo G. Madathikandathil, il c. 4 dei MP Cleri Sanctitati fu ispirato dalla prassi già esistente di incontri informali tra gerarchi di varie Chiese sui iuris', cf. MADATHIKANDAT­HIL, The Catholic Bishops’ Conference (nt. 2), 107.

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