Folia Canonica 12. (2009)
STUDIES - Luis Okulik: Significato e limiti della definizione di Chiesa sui iuris
78 LUIS OKULIK Un’altra questione che riguarda l’ambito dell’autonomia delle Chiese sui iuris si riferisce all’elezione dei vescovi, dentro e fuori dei territorio della propria Chiesa. Per l’elezione canonica dei vescovi nel sinodo di una Chiesa sui iuris, si richiede, corne previsto dal can. 182, il previo assenso del romano pontefice sull’elenco dei candidati composto dal sinodo. Invece, per l’elezione canonica dei vescovi costituiti fuori dei territorio della propria Chiesa sui iuris, prowede il romano pontefice su una terna proposta dal sinodo dei vescovi della stessa Chiesa sui iuris (can. 149). Infine, un altro nodo ehe vorrei segnalare fa riferimento alla proibizione di ordinare uomini sposati in diaspora, in osservanza delle norme emanate dalla Congregazione per le Chiese Orientali del 1929, ritenute tuttora in vigore. Una considerazione consequenziale dell’autonomia delle Chiese orientali cat- toliche dovrebbe stimolare un esame approfondito di questa questione, in modo da promuovere una più diligente osservanza della disciplina orientale53. Evidentemente, la normatíva riguardante le questioni sopraccennate rispec- chia l’attuale posizione del diritto della Chiesa cattolica in riferimento alTeser- cizio della potestà patriarcale fuori dal territorio della propria Chiesa sui iuris e ad alcuni atti giuridici che possono essere validamente compiuti in forza dei principio di autonómia delle Chiese orientali. Se si prospetta la situazione at- tuale alia luce delTenunciato di Orientalium Ecclesiarum n. 9, dove si afferma che “i patriarchi con i loro sinodi costituiscono la superiore istanza per qualsiasi questione dei patriarcato”, si percepisce nella pratica un faticoso sforzo nel ten- tativo di bilanciare 1’attuale forma di govemo centralizzato della Chiesa cattolica con le caratteristiche genuine dell’autonomia nell’amministrazione ecclesiastica delle Chiese orientali. Se si volesse consolidare questo bilanciamento, si potrebbe accettare ehe moite delle facoltà concesse dal romano pontefice alia Congregazione per le Chiese orientali e ad altri dicasteri della Curia romana nelle materie sopraccennate potessero essere riservate ai patriarchi con i loro sinodi, sinodi dei vescovi o sinodi permanenti, a seconda dei casi, restando co- munque sempre a salvo il diritto inalienabile dei romano pontefice di intervenire in casi singoli. Questa ipotesi implicherebbe 1’applicazione in ambito normativo dei principio di sussidiarietà, che favorisce il passaggio delle compe- tenze dall’ordinamento comune o universale a quello locale o particolare. In alternativa, si potrebbe anche dare un nuovo assetto, più sinodale, alia Congregazione per le Chiese orientali, per garantire 1’effettiva partecipazione dei Gerarchi orientali nel processo di decisione delle questioni di loro attinenza. In questo modo si darebbe maggior rilievo aile forme di espressione dell’autonomia che è propria delle Chiese orientali, salvaguardando al tempo stesso la facoltà del romano pontefice di moderare o di intervenire nei casi singoli, ogni volta ehe questo si rendesse necessario. 53 Cfr. PO, 16; CCEO, can. 373.