Folia Canonica 10. (2007)

STUDIES - Dimitrios Salachas: Conciliarita e autorita nella Chiesa - Il concetto del Protos tra i vescovi a diversi livelli nel documento di Ravenna (13 ottobre 2007)

CONCILIARITÀ E AUTORITÀ NELLA CHIESA 21 «/ Vescovi di ciascuna nazione (ethnos) debbono riconoscere colui che è il primo (protos) ira di loro, e considerarlo il loro capo (kephale), e non fare nulla di im­portante senza il suo consenso (gnome); ciascun Vescovo puô soltanto fare ciô ehe riguarda la sua diocesi (paroikia) ed i territori che dipendono da essa. Ma il primo (protos) non puô fare nulla senza il consenso di tutti. Poiché in questo modo la concordia (homonoia) prevarrà, e Dio sard lodato per mezzo del Signore nello Spirito Santo» (documento di Ravenna, n. 24). Il documento di Ravenna analizza questo canone, applicandolo al livello re­gionale, cioè aile assemblée dei Vescovi di una regione, metropolia o patriarcato, illustrando la natura dell’autorità sinodale: «Tale norma, che riaffiora in svariateforme nella tradizione canonica, si applica a tutte le relazioni tra i Vescovi di una regione, sia quelli di una provincia, che i Vescovi di una metropolia, o di un patriarcato. La sua pratica applicazione puô rilevarsi nei sinodi o concili di una provincia, regione o patriarcato. Il fatto ehe un sinodo regionale sia sempre composto essenzialmente di Vescovi, anche quan­do esso comprende altri membri della Chiesa, rivela la natura dell 'autorità sino­dale. Soltanto i Vescovi hanno voce deliberativa. L’autorità di un sinodo si basa sulla natura del ministem episcopale stesso, e manifesta la natura collegiale dell 'episcopato a servizio della comunione delle Chiese» (documento di Raven­na, n. 25). L’autorità sinodale si basa sui principio dei consenso e della concordia di tutti i Vescovi di una regione ed è espressa dalla concelebrazione eucaristica, ma non toglie l’autorità di ogni Vescovo nella propria Chiesa locale, custode dell’unità e della cattolicità della sua Chiesa locale, e garante della sua piena comunione con le altre Chiese: «Un sinodo (o concilio) implica in sé lapartecipazione di tutti i Vescovi di una re­gione. Esso è governato dal principio del consenso e della concordia (homono­ia), ehe è espressa dalla concelebrazione eucaristica, cosi come si evince dalla dossologia finale dei citato Canone Apostolico 34. Resta comunque il fatto ehe ciascun Vescovo, nell 'esercizio della cura pastorale, è giudice e responsabile da- vanti a Dio per le questioni ehe riguardano la sua propria diocesi (cfr. San Ci- priano, Ep. 55,21); pertanto egli è il custode della cattolicità della sua Chiesa lo­cale, e deve sempre attentamente adoperarsi apromuovere la comunione cattoli- ca con le altre Chiese» (documento di Ravenna, n. 26). II can. 34 degli Apostoli si riferisce ai Vescovi di ogni nazione, e intende piut- tosto le diverse aree culturali e geograftche, di tradizione diversa, che il cristiane- simo ha sempre inteso rispettare. Questo canone enuncia alcuni principi sulla struttura sinodale della Chiesa. II sinodo di Antiochia (341), can. 9, pare riman- dare al canone 34 degli Apostoli [o a una ignota fonte comune], quando parla di un antico canone dei padri in vigore; ma sembra collocarsi ad uno stadio più avanzato; in effetti, non fa riferimento all’unità etnica nazione, bensi all’unità territoriale ben definita, provincia \eparchia]; e non più ad un generico primo da

Next

/
Thumbnails
Contents