Folia Canonica 5. (2002)
STUDIES - Eduardo Baura: L'attivita normativa dell'amministrazione ecclesiastica
82 EDUARDO BAURA Lo stramento principale su cui contano gli ordinamenti giuridici per garantira il rispetto della giustizia nell’attività normatíva è sicuramente lo stabilimento di una gerarchia normatíva e il conseguente controllo di adeguamento alla norma superiore. Penso che sia possibile ravvisare nell’attuale ordinamento canonico una, seppur debole, gerarchia normatíva. Quanto menő rimane fermo il principio che le norme amministrative sono inferiori a quelle legislative. Concretamente, i decreti generali esecutivi sono al di sotto delle leggi (gerarchia/ôrma/e). Vaperô precisato ehe quando un organo vicario di un legislatore emana un decreto generale esecutivo, si situa, per cosi dire, al livello di quel legislatore. Cosi, un decreto generale esecutivo - purché circoscriva il suo contenuto a quello meramente esecutivo di una legge precedente - emanato da un dicastero della Curia romana, si trova, in quanto al rango normativo, al di sopra di una legge particolare di un ve- scovo diocesano (nel rispetto comunque dei disposto del can. 20), nel senso che questa non puô contraddire la norma amministrativa superiore. In altre parole, nel diritto canonico, al momento di stabilire la gerarchia normatíva, prevale il criterio soggettivo (l’autorità con cui si danno le norme) su quello formale.35 Un altro punto ehe bisogna considerare è la mancanza di chiarezza formale al momento dell’emanazione delle norme, il ehe comporta una difficoltà nel rendere operativo il controllo di rispetto della gerarchia normatíva, in quanto bisogne- rà individuare chi è l’autore e con quale potestà agisce (se con potestà esecutiva ordinaria, con potestà ordinaria propria legislativa o con potestà legislativa delegata), e quale sia il contenuto stesso della norma (vale a dire, se corrisponde ad un atto singolare o a una norma, se si íratta di una norma esecutiva o di una regola ex novo, ecc.).36 turale o positivo), né puô essere contraria alla realtà sociale o al bene comune. Diversamente la norma sarebbe irrazionale - in quanto comando proveniente dal puro arbitrio della volontà - e quindi, non sarebbe a rigore norma, non vincolerebbe giuridicamente (con un vincolo, cioè, di giustizia). Il giudizio di razionalità della norma si realizza mediante il confronta con la realtà ehe la norma pretende regolare (dove sono presenti le esigenze di giustizia, e anche gli elementi di diritto divino), il ehe non introduce un elemento di incertezza dovuto alla soggettività nel modo di giudicare la realtà, ma al contrario: la realtà delle cose, laddove sono insite le esigenze del diritto divino, è belementő pij oggettivo, stabile e sicuro. Difatti, a nulla servirebbe, per esempio, la “sicurezza” ehe ogni attività normatíva si realizzerà secondo una legge fondamentale, se taie legge fondamentale non è giusta (a parte ehe la legge umana non pub prevedere tut- to). Bisogna tenere presente, comunque, che si deve partire dalla presunzione di validité delle norme legittimamente date dalle autorità competenti e ehe una norma difettosa, discutibile o insufficiente non è irrazionale; lo è soltanto quella contraria alla natura umana (perché immorale o ingiusta) o contraria al bene comune o completamente imperita (il cui compimento è impossibile o comporterebbe effetti tecnici nocivi per la comunità). Cff. J. Hervada, Leccio- nespropedéuticas defilosofia del derecho, Pamplona 1992, pp. 343-372. 35 In questo senso cf. Labandeira, Trattato (nt. 4), 256 e 257. 36 In pratica si è rivelato specialmente importante questo punto al momento di esaminare i decreti generali esecutivi emanati da un dicastero della Curia romana. Bisognerà quindi accer- tare se 1’approvazione pontificia ricevuta è specifica (e in tál caso nulla impedisce ehe si diano