Folia Canonica 4. (2001)
PROCEEDINGS OF THE INTERNATIONAL CONFERENCE - José T. Martín de Agar: Norme delle conferenze episcopali sul matrimonio misto
224 JOSÉ T. MARTIN DE AGAR Il tenore letterale dei canone sembra voler distinguere la generale esigenza di una giusta e ragionevole causa (alla stregua di ogni dispensa: c. 90), esistente la quale l’Ordinario concedere potest la licenza, dalla ulteriore monizione: “eam ne concedat, nisi...”; cosicché per la validità della licenza è richiesta soltanto la giusta causa, mentre il compimento delle cautele successivamente elencate è solo un requisito per la liceità della medesima.20 In proposito, la Conferenza episcopale della Nigeria specifica alcune ragioni valide per la concessione della dispensa, quali: far cessare il concubinato, rimuovere un grave scandalo, peri- colo ehe le parti contraggano soltanto civilmente o secondo le leggi o consuetudini popolari, e più in generale le difficoltà per la parte cattolica. Lo stesso discorso sarebbe applicabile alla licenza per assistere al matrimonio di chi ha abbandonato notoriamente la fede (c. 1071 § 2). In questi due casi peraltro anche se la licenza fosse invalida il matrimonio non per questo risulte- rebbe nullo. Per quel ehe riguarda l’impedimento di disparità di culto, il c. 1086 § 2 stabilisée “ab hoc ne dispensetur, nisi impletis condicionibus de quibus in cann. 1125 et 1126”. Anche qui il ne dispensetur, nisi sembra condizionare la liceità della dispensa non la validità, si íratta di una ingiunzione rivolta a chi deve concedere la dispensa, ma non di un limite oggettivo alla sua potestà di dispensare, la quale è soggetta soltanto all’esistenza di una causa giusta e ragionevole. Di fatti il c. 1061 § 1 del CIC 17 diceva “Ecclesia super impedimento mixtae religionis non dispensat, nisi...”, mentre l’attuale Codice ha preferito prendere come soggetto non la Chiesa ma colui che dispensa, il quale non la deve dare (“non la concéda” dice il c. 1125, “non si dispense” dice il c. 1086 § 2) se non dietro l’adempimento delle condizioni stabilite. In nessun caso si stabilisée espressamente ehe tale adempimento sia richiesto per la validità come vorrebbe il c. 10.21 20Cosi interpreta il c. 1125 Navarro-Valls in quanto “la particula «si» viene solamente antepuesta a la justa y razonable causa” (Commento ai cc. 1125-1126, in Aa.Vv., Comen- tario exegético al Código de derecho canónico, A. Marzoa - J. MIRAS — R. RODRIGEZ- Ocana [dir.], Pamplona 1996, III, 1509). Vedi anche Z. Grocholewski, Matrimoni misti (nt. 12), 248-249; G. P. Montini, Le garanzie o "cauzioni” nei matrimoni misti, in Quaderni di diritto ecclesiale 5 (1992) 293. 21 Tuttavia Banares sostiene ehe si tratta di una norma irritante, giacché “a tenor del c. 39 la particula «nisi» es una de las que se emplean especificamente para introducir una condición que afecta a la validez de un acto. Y en este caso el carácter terminante e inequivoco de las palabras empleadas dan a entender que sin tales condiciones -o sin el contenido mínimamente sincero de ellas- no cabría una dispensa válida” (Commento al c. 1086, in Comentario exegético (nt. 20), 1175). La stessa interpretazione fa Bucciero, seguendo a Castano e contro tutti gli autori da lui riportati; cf. Bucciero, l matrimoni (nt. 8), 126 e 133-135. Da parte mia, senza disconoscere il valore delPargomento addotto, penso che bisogna ricordare che qui stiamo trattando di una legge e non di un atto amministrativo, per cui il carattere irritante