Varga Edith szerk.: A Szépművészeti Múzeum közleményei 78. (Budapest, 1993)
TONIOLO, FEDERICA: I dipinti di Francesco Francia e della sua bottega conservati al Museo di Belle Arti
Madonna con il Bambino e Santi degli Uffizi. 15 Come in queste pale di Perugino, databili tra il nono e l'ultimo decennio del secolo, che il Francia vide probabilmente a Firenze, anche nella pala Bentivoglio troviamo una struttura architettonica, la grande esedra con archi e volte, all'interno della quale le figure sono poste in diversi ordini di grandezza e in perfetta simmetria tanto da creare una generale fusione in una armonica ed equilibrata compostezza. I colori metallici e la sostanza cornea e brillante délie opere precedenti hanno qui lasciato il posto a semitoni armoniosi, fusi dalla luce che créa ombre più diffuse e soffici. Nelle due ancone cinquecentesche il Francia continua ad evolvere il suo stile in questa direzione e, ormai aggiornato sulla pala Scarani, abbandona anche se gradualmente, si veda l'arco diaframma della pala Calcina, la struttura architettonica e privilégia sempre più le figure che nella pala della Pinacoteca bolognese, esattamente corne nell'opera del pittore umbro, campeggiano tutte sul primo piano. Caratteri stilistici nuovi di quest'opera rispetto alla pala Bentivoglio sono la maggiore monumentalità, il più evidente classicismo della composizione e il naturalismo dovuto ad una graduate maturazione della tecnica chiaroscurale. Queste qualità luministiche derivano probabilmente anche da una visione diretta della pala Casio dipinta proprio nel 1500 a Bologna dal Boltraffio, uno degli allievi prediletti di Leonardo e nello stesso tempo evidenziano anche un'affinità con Fra Bartolomeo, pittore a cui il Francia guarderà anche più avanti. 1(i Analoga evoluzione stilistica si riscontra nel quadro di piccolo formato a meno figure confrontando la Madonna con il Bambino della Yale University Art Gallery di New Haven (fig. 30), il dipinto la cui iscrizione con la data 1495 fu erroneamente attribuita al quadro Pálffy, e la Sacra Famiglia di Budapest. L'opera americana, come la pala Bentivoglio in San Giacomo, pur essendo pienamente peruginesca è nello stile ancora partecipe della cultura prospettica quattrocentesca. Le figure e il paesaggio sono costruite con un disegno che a confronto di quello della tavola ungherese appare più definito e minuzioso quasi condotto con il cesello, tanto da rivelare un'influenza della pittura fiamminga. Vergine e bimbo rimangono ancora staccati dal paesaggio da cui sono del resto separati dal piccolo muro. Nella Sacra famiglia Pálffy invece l'andamento largo e pausato del panneggio, il naturalismo dei gesti, i calcolati intervalli di pieni e di vuoti e la simmetria compositiva rendono le figure capaci di generare lo spazio del quadro e di divenire parte intégrante di esso. II paesaggio reso con sinteticità stilistica e luce atmosferica diviene quasi esedra 15 Se ne vedano le riproduzioni in Castellaneta-Camesasca, op. cit. (n. 9) Taw. XIX-XXI, p. 93, n. 34 e Taw. TX-X1, p. 93, n. 32. Opere eseguite a cavallo tra il 1480 e il 1490 a Firenze dove in quegli anni Perugino aveva sicuramente una bottega. Nella mia tesi di laurea, ipotizzavo, proprio per giustificare la conoscenza del Francia dell'operato di Perugino di questo periodo, un soggiorno del pittore nella città medicca. I contatti del Raibolini con Firenze dovettero essere frequenti già dagli anni della formazione come indicano la sua attività di orefice e i dipinti giovanililegati al Verrocchio e a Lorenzo di Credi. IB L'ancona venne eseguita dal Boltraffio nel 1500 come testimonia la guida del Lamo (1560) per la chiesa bolognese di S. Maria della Misericordia. Oggi è conservata al Museo del Louvre a Parigi (Inv. 103). cf. Cat. sommaire illustré des peintures du musée du Louvre, Paris 1981, p. 154. Per il confronto con Fra Bartolomeo mi riferisco ad opere giovanili del pittore quali l'Annunciazione di Volterra o i due tondi con la Sacra Famiglia uno alla Galleria Borghese e l'altro a Monaco (cf. Fahy, E., The Earliest Works of Fra Bartolomeo, The Art Bulletin 51 (1969) pp. 142-154 efigg. 18, 19, 1, 3).