Magyar László szerk.: Orvostörténeti közlemények 166-169. (Budapest, 1999)
TANULMÁNYOK — ARTICLES - Leoni, Francesco: La medicina monastica ed i suoi aspetti religiosi
medica. Egli, infatti, in tale esortazione si rifa alla beata pietas — il sentimento più nobile dei romani — ora però vivificata dalla caritas cristiana, che diviene la radice stessa della peritia artis e della efficacia della téchne} 1 Destinata in origine solo ai monaci infermi, che, oltre a venire isolati dagli altri confratelli per non turbarne le rigide regole di vita, erano anche curati con i rimedi che suggerivano le conoscenze mediche apprese dai codici antichi conservati nei monasteri, la tradizione e l'esperienza — diete, semplici, bagni, salassi e cauterizzazioni — la medicina monastica, improntata all'indiscriminato amore cristiano per ogni uomo, quale creazione ed immagine di Dio, si estese quasi subito, come era naturale, al di fuori della piccola comunità del chiostro, adempiendo così, nel modo più completo e totale, il precetto dell'amore verso il prossimo. Questo bussava alle porte dei monasteri sotto forma di una svariata e dolente umanità, che cercava, per amore di Cristo, conforto materiale e morale insieme: infermi, ma anche poveri, pellegrini, viandanti. Con il tempo, poi, arricchitesi le abbazie grazie ai generosi lasciti del popolo cristiano come dei potentes, i monaci dovettero occuparsi anche delle esigenze sia fisiche che spirituali dei laici che vivevano in prossimità dei monasteri e ne coltivivano i possessi fondiari. Subito a tutti, in nome dello stesso Cristo invocando il Quale si chiedeva aiuto, si accordava il soccorso dell' infirmarius, oltre a quello del sacerdote; d'altra parte, se la medicina monastica fosse restata confinata nei chiostri, non avrebbe avuto quell'importanza fondamentale nella storia dell'arte medica che tutti gli studiosi le attribuiscono, né avrebbe potuto svolgere quell'ufficio eminentemente caritativo che la giustificava agli occhi medesimi di coloro che la praticavano. S. Benedetto in persona, nella sua Regola, aveva raccomandato di accogliere gli ospiti che si presentavano al monastero come si sarebbe ricevuto Cristo stesso e fin dal secolo IX questo servizio di ospitalità prese a perfezionarsi a svilupparsi, dando più tardi origine alla grandi fondazioni assistenziali dell'Occidente medievale, grazie anche all'aiuto ed alle generosità dei privati. Nel periodo dell'alto medioevo, comunque, quasi tutte le istituzioni caritative vennero dirette e gestite dal monaci, mentre gli ordini ospedalieri, i cui membri per altro non svolgevano di solito le mansioni del medico, sorsero solo a partire dal secolo XII, quando la medicina monastica volgeva ormai al tramonto. Intanto le prestazioni dei medici monaci erano sempre più spesso richieste anche fuori dai monasteri e lontano dai loro ospizi e molti di essi servirono nelle corti di re e di principi, cosa che alla fine parve essere nociva all'istituzione monastica stessa e fu in parte all'origine dei successivi divieti ecclesiastici. Se la cura del corpo non veniva disprezzata, ma anzi era praticata con i mezzi umani che abbiamo ricordato, quella dell'anima fu tuttavia sempre la prima sollecitudine dei monaci, sia nelle infermerie claustrali, sia negli ospizi ad esse annessi, molto prima, senza dubbio, che il IV Concilio Lateranense, tenutosi nel 1215, quando ormai prevaleva la tendenza ad istituire una distinzione sempre più netta tra chi aveva il compito di pregare e di provvedere alla salute dell'anima e chi invece doveva, quale professione, attendere al benessere del corpo, prescrivere al medico di chiamare un sacerdote per la confessione del cliente prima 17 Cfr. Troncarelli, F.: Una pietà più profonda. Scienza a medicina nella cultura monastica medievale italiana, in AA. VV., Dall'eremo al cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle origini all'età di Dante, con pref. di G. Pugliese Carratelli, Milano, 1987, p. 704.