Budapest Régiségei 17. (1956)

TANULMÁNYOK - Voit Pál - Holl Imre: Hunyadi Mátyás budavári majolikagyártó műhelye 73-150

rícordati, l'officina di Buda fabbricava anche delle stoviglie. Le molte centinaia di fram­menti di maiolica venuti alia luce durante gli scavi si dovettero prima dividere in caté­gorie secondo i luoghi di fabbricazione, per procedere poi alla selezione dei supposti pro­dotti locaÛ. La difficult à principale di taie lavoro consisteva nel sistemare a gruppi minuti frammenti secondo la forma e l'ornato. Un grande vantaggio derivô invece dal fatto che le superfici di rottura dei frammenti dettero occasione a numerosi esami istruttivi di carat­tere tecnico. I primi a potersi separare dal ben noto matériáié italiano sono stati alcuni vasi non colorati, rivestiti interamente di smalto stannifero bianco. A questo gruppo appartengono vasetti a forma d' albarello rimasti illési o in frammenti, oltre a rottami di stoviglie che ricordano la forma del »piatto da riso« cinese. La materia è sempre l'argilla rossa rozzamente lavorata, che si usava a Buda. I piccoli albarelli sono stati ritrovati in gran quantità anche agli scavi di Pécs, di Eger e di Esztergom. Secondo la testimonianza dei registri deU'amministrazione arcivescovile di Esztergom, tali vasetti venivano in quel periodo acquistati a Buda perché servivano da giocat­toli al piccolo Ippolito d'Esté, nipote di Bea­trice, consacrato arcivescovo di Esztergom nei più teneri anni delPinfanzia. Gli stessi registri redatti in lingua italiana rammentano, sotto la denominazione di »Turchabochali ongaresca«, certi Vasi ungheresi a forma di coppa che sembra fossero stati dicarattere orientale, e che gli italiani délia corte arcivescovile di Eszter­gom, ritornando in patria, portarono con loro in gran numero. La forma di questi vasi è identica a quella ricordata da Cipriano Piccolpasso nella sua opera, con la riproduzione pure del di­segno. I piatti di maiolica fondi e forniti di piede si chiamano ancor oggi wngarescke«. Oltre aile stoviglie rivestite di solo smalto stannifero bianco, abbiamo ritrovato nel maté­riáié degli scavi anche i frammenti di numerosi vasi cilindrici, colorati, dagli orli ripiegati in fuori, che ricordano la forma dei bicchieri gotici. Si notô inoltre, tra i prodotti dell'offi­cina di Buda, anche il calice a piede, forma caratteristica, questa, dei vasi deU'Europa centrale, con rivestimento di maiolica e orna­menti dipinti. Tra i vasi in argomento è degno di attenzione un calamaio a più sezioni, con l'ornato a nastri e a foglie, già noto nelle mattonelle. È probabilmente a taie forma che alludono i termini »calamaio ongaresca« e »calamaio di terra bianca« riscontrati nei registri in lingua italiana di Esztergom, termini che illustrano in modo favorevole non solo la forma artistica ungherese, ma anche la diffu­sione délia scrittura in Ungheria. Gli aspetti tecnici dei vasi in questione rivelano che essi vennero prodotti nel primo periodo dell'offi­cina, contemporaneamente alla fabbricazione delle mattonelle da pavimento esagonali e emblemate, da un collaboratore o allievo unghe­rese del primo maestro italiano. I vasi sopra accennati sono perô tutti di uso comune e possono considerarsi corne pro­dotti secondari deli' officina. Una scoperta ulteriore conferma invece che l'officina di Buda produsse anche vasi di lusso sul modello italiano. Si tratta di cinque frammenti in parte combacianti, che fecero già parte di un vaso cilindrico, alto circa mezzo metro. Sulla super­ficie esterna del vaso in argilla rossa di rozza cottura si notano tracce di uno smalto crudo bianco e poroso, con una sfumatura di color turchese. I resti dello strato facile a polveriz­zarsi furono al momento stesso del dissotter­ramento fissati alla superficie con un procedi­mento chimico. Su questo strato era tracciato con una materia sgretolabile un ornamento pitturato in stile italiano, a foglie palmate dal disegno energico con rilievi di venatura. Nei frammenti in questione, non è difficile indi­viduare i resti di un vaso di lusso non termi­nate, la cui importanza per l'officina di Buda è analoga a quella delle mattonelle da pavi­mento attaccate. Evidentemente sarà stato commesso un errore durante la lavorazione, per cui non era più il caso di mettere il vaso in cottura ; sicchè, dopo l'essiccazione, lo smalto stannifero a sfumatura color turchese, a causa délia presenza di ossido di rame, — smalto ben noto nei prodotti di Buda — si è deposifcato corne »smalto crudo << granuloso sulla super­ficie su cui l'artista aveva già tracciato il disegno ornamentale, ma non si arrivô più alla cottura finale. Grazie a questa scoperta siamo riusciti a ritrovare tra i rottami di maiolica inclassificabili e già annoverati tra i prodotti italiani, vari frammenti di vasi di lusso che si possono collegare con l'attività délia nostra officina. Cosl ad esempio il fram­mento dell'orlo di un piatto di lusso, decorato da uno scudo spaccato, e spartito nel campo destro da bande, con la incorniciatura ornata a spine. Lo stesso scudo venne riprodotto insieme con il leone dell'insegna degli Hunyadi e il drago di quella dei Báthory, sul frontespizio di un volume delle Corvine, nella Biblioteca Estense di Modena ; questo volume fu eseguito tra il 1485—1490 nella bottega dei miniatori di Buda. L'ornamento a spine e piume — cono­sciuto nell'arte délia maiolica col nome di »raggiera di San Bernardino« è un accessorio molto usato nei disegni araldici delle Corvine eseguite a Buda. Questo piccolo particolare délia comune pratica ornamentale è unaltro indizio che rivela l'esistenza di legami intimi tra le due botteghe délia fortezza di Buda. In molti altri frammenti abbiamo ancora potuto scorgere tracce di un comune patrimonio di elementi decorativi ; siamo anzi convinti che 144

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