Budapest Régiségei 17. (1956)
TANULMÁNYOK - Voit Pál - Holl Imre: Hunyadi Mátyás budavári majolikagyártó műhelye 73-150
sistema italiano, dimostrando che i ruderi corrispondono ai requisiti dei forni adibiti alia fabbricazione della maiolica. Resta ora a porsi la domanda : chi furono gli artigiani della bottega di Buda ? È noto che durante il Rinascimento soltanto i ceramisti italiani erano in grado di fabbricare maioliche, perciô, chi voleva accingersi a tale impresa, dove va ricorrere a maestri italiani. Ciô diventa naturale nel caso di Mattia Corvino il quale ha largamente sviluppato i suoi rapporti con 1'Italia ed è stato il primo in tutta Europa a sfruttarli. Abbiamo numerose notizie di artisti italiani venuti alia corte di Mattia, ma di pochi soltanto conosciamo le opère eseguite per incarico del re. Abbiamo tentato di attribuire la fabbricazione delle maioliche di Buda ad un maestro che viene iicordato dalle nostre fonti, ma di cui ignoriamo l'attività svolta nella città. I frammenti di maiolica recentemente rinvenuti a Buda provengono in gran parte da vasi importati daFaenza;sappiamo pure che le mattonelle esagonali da pavimento ornate di emblemi rivelano un'affinità di stile con i prodotti dell 'officina Bettini di Faenza. In tal modo si potrebbe collegare la figura del maestro o del pittore dell'officina di maioliche con Niccolô di Faenza, uno dei miniatori che lavoravano per Mattia. Abbiamo infatti notizia di un Niccolô di Faenza che nel 1521 esegui un piatto compreso poi nella colle zione Basilewski a Parigi. Ma le indagini finora compiute non sono riuscite a rivelare una visita a Buda di colui che fu il copiatore del codice attribuito al nostro Niccolô di Faenza e attualmente custodito a Vienna ; pare, invece, che egli abbia lavorato per Attavante, famoso miniatore delle Corvine residente a Firenze. ïsTon sappiamo inoltre se il ceramista Niccolô di Faenza abbia già lavorato verso la fine del sec. XV. Ma seppure non siamo riusciti a creare in tal modo un legame tra Buda e Faenza attraverso la figura di un unico maestro, ci è sembrato opportuno estendere la nostra attenzione ai miniatori e copisti della biblioteca Corvina. Non si pensi qui ad un ceramista esperto della tecnica della fabbricazione : noi cerchiamo di trovare un pittore il quale sia stato disposto a dipingere dei pezzi modello o degli ornamenti decorativi per i suoi compatrioti che lavoravano anch'essi nella fortezza di Buda, proprio di fronte alla bottega dei miniatori. Tra le mattonelle da pavimento a disegno araldico si trovano infatti dei pezzi i quali, nel disegno accurato e minuto degli ornati, superano perfino gli esemplari affini ai modelli faentini. Tali ornamenti derivano dai motivi dei codici illuminati, di stile milanese. Anche I'esecuzione del disegno differisce essenzialmente dal metodo usato dagli autentici pittori di maiolica che richiedeva un lavoro svelto e non permetteva emendamenti sullo smalto fresco e crudo. II disegno minuto dei pezzi da noi esaminati dimostra che l'esecutore delle decorazioni non poteva essere altro che un illustratore di libri. I motivi di queste mattonelle hanno moite affinità con le decorazioni del codice Trapezunzio illustrato nella officina dei miniatori di Buda intorno al 1481, con quelle del cosiddetto breviario Kálmáncsehi eseguito nel 1487, e con lo stile dello »Abate di Madocsa« scoperto da Jolanda Balogh. Sem bra che i nostri maiolicari abbiano attinto alia bottega delle Corvine non solo motivi ornamentali, ma anche l'ispirazione degli emblemi e gli schemi dei disegni che incontriamo nelle mattonelle da pavimento. L'ignoto maiolicaro italiano non avrà certamente intrapreso il compito da solo, ma avrà portato con se dei collaboratoii, e ne potè trovare anche tra vasai ungheresi che lavoravano per la corte reale. Una caratteristica generale dei prodotti usciti daH'officina di Buda è infatti la materia : un'argilla alquanto grezza, resa rossastra dalla cottura. Le mattonelle da pavimento e le tegole a semplice verriice piombifera, fabbricate in quell'epoca evidentemente da. vasai ungheresi, sono della stessa materia. La messa nello stampo, l'essiccazione e forse anche la prima cottura di tali laterizi non avveniva nello stretto cortile del palazzo, ma vicino alia cava d'argilla, nella mattonaia esterna. Questi laterizi hanno le stesse mi sure degli esemplari a simili smalto stannifero bianco, introdotti dagli italiani : ciô indica una necessaria correlazione tecnica tra la mattonaia esterna e l'officina interna, tra i prodotti a smalto piombifero e quelli a smalto stannifero, e tra il lavoro dei vasai ungheresi e di quelli italiani. Tale correlazione dove va costituire il primo contatto personale tra i vasai italiani e ungheresi. Nei prodotti di Buda si possono osservare imperfezioni e manchevolezze più o meno grandi, dovute all'incognita imprevedibile dell'impianto ivi realizzato. Le misure del forno, l'argilla di Buda, l'essiccazione, la caloria della legna, il clima e le diverse qualità dei prodotti minerali impiegati poterono essere la causa di tali imperfezioni. La fase più critica della fabbricazione della maiolica consisteva nella fusione dello stagno. Il punto più debole dei prodotti di Buda è appunto il cambiamento di colore che lo smalto stannifero bianco spesso subisce acquistando durante la cottura una sfumatura azzurrognola o spesso ancora di color turchese. Tale fenomeno si puô osservare anche negli oggetti che non furono sottomessi a nessun'altra lavorazione a smalto o a colore. Pare che lo stagno ungherese adoperato dagli italiani contenesse una dose considerevole di rame e la fusione noii sempre riusciva ad allontanare del tutto questa materia estranea. Per vincere simili difficoltà, i maiolicari italiani dovettero modificare i vecchi metodi che avevano dato buone 142