Budapest Régiségei 17. (1956)

TANULMÁNYOK - Voit Pál - Holl Imre: Hunyadi Mátyás budavári majolikagyártó műhelye 73-150

locale vicino che perô nel Cinquecento subi una modificazione, per trasformarsi in due locali pavimentati ; cosl sparirono persino le tracce della fusione dello stagno. Inline nel Settecento ulteriori lavori di costruzione por­tai ono alla compléta trasformazione dell'ala occidentale — si da non lasciare altro dei forni che i muri delle fondamenta, con le bocche inseritevi. (I. Holl) Nel luglio del 1951, gli scavi eseguiti nell'a­rea dell' antico palazzo reale di Buda hanno portato ad una felice scoperta nell' ala sud­ovest del palazzo stesso. In uno strato da attribuirsi alia fine del Quattrocento o all'inizio del Cinquecento è stato ritrovato un frammento che apre il campo a vaste congetture. Si tratta dei frammenti di due mattonelle di maiolica di fabbricazione rinascimentale le quali, rovesciatesi nel forno durante la cottura, si urtarono I'una contro l'altra per rimanere poi unite dalle colatuie dello smalto liquefatto. La scoperta non ha mancato di destare la nostra viva atten­zione, non tanto per la rarità del caso, quanto per le possibilité che offriva lo studio delle circostanze in cui un tale insuccesso tecnico si avverô. I frammenti oblunghi, originalmente esagonali sono rimasti congiunti agli orli supe­riori, rivoltati l'uno verso l'altro con le super­fici ornate. Lo smalto stannifero bianco azzur­rognolo si è riversato dalle superfici smaltate delle mattonelle sui rovesci. La cavità obliqua tra i due pezzi è riempita di smalto fuso, oppure tramezzata da colature di smalto rag­grumato. Lo smalto è liscio e lucido, sui lati dipinti privo di tracce di logoramento e sulle superfici di frattura delle mattonelle appare il colore rosso dell'argilla rozzamente lavorata. Si tratta quindi di un cosiddetto pezzo di scarto e ciô offre una prova irrefutabile del fatto che il pezzo in questione, insieme con tutto il rivestimento in maiolica del pavimento del palazzo rinascimentale di Mattia Corvino, venne fabbricato sui luogo. Già negli ultimi anni del sec. XIX e poi nel corso degli scavi attuali vennero alia luce numerose mattonelle da pavi­mento ornate degli emblemi di Mattia Corvino e della moglie Beatrice d'Aragona. Gli studi fino ad oggi compiuti in questo campo —. cosl ad es. il saggio di Giuseppe Höllriegel — le mettono in relazione con l'officina faentina di Bettini, ritenendole importate dall'Italia. La récente scoperta dimostra invece che simili »pezzi di scarto« non potevano essere spediti da Faenza a Buda, ma dovevano essere eseguiti nel posto in cui sono stati rinvenuti, cioè nell'a­rea del palazzo reale di Buda. Si tratta ora di sapere dove precisamente si trovasse l'offi­cina, quali persone vi lavorassero, quali ne fossero i prodotti, in che epoca funzionasse e, infine, se la sua influenza continuasse anche oltre il periodo della sua attività. In mancanza di documenti scritti, non possiamo attenderci una risposta se non dai cimeli stessi. Occorreva stabilire la posizione topográfica dell'officina, anche senza tener conto delle fondamenta del forno dissotterrate neL corso degli scavi, tanto più chè la destinazione dei forni preceden­temente scoperti è rimasta un probléma insoluto fino ai recenti risultati degli scavi apposta iniziati. I documenti relativi non fanno che chiarire la questione di dove non si poteva trovare l'officina. Le fonti contemporanee elen­cano le varie ale di gala del palazzo : il cosiddetto »palazzo fresco« di Sigismondo di Lussemburgo re d'Ungheria e imperatore romano-germanico e la torre mozza da lui costruita, il cortile di gala trapezoidale e la biblioteca di Mattia Corvino prospiciente sui Danubio, la sua cappella e i suoi appartamenti. Manca solo la descrizione dell'ala occidentale e che lo stesso Bonfini, storiografo di re Mattia la ricorda solo vaga­mente, definendola una vecchia costruzione. Questa parte dell'edificio è forse l'unica di cui ignoriamo la destinazione. È l'unica ala del palazzo che Mattia non comincerà a ricostruire che verso la fine del suo regno. Al disseppelli­mento delle antiche fondamenta questo fatto risultô provato con tutta evidenza. La ricostru­zione venne poi da Mattia interrotta — forse proprio a causa dei forni che vi funzionavano-e ultimata solo dal re Vladislao II (Jagellone) il quale fece collocare sopra una delle porte d'ingresso l'emblema di pietra con Taquila degli Jagelloni, che porta la data del 1502. La vecchia ala occidentale era quindi adatta ad ospitare un' officina che potesse fun­zionare indisturbata anche durante i lavori di ricostruzione fornendo appunto i laterizi in ceramica necessari aile opère di trasformazione e di costruzione che si stavano svolgendo al lato opposto del cortile di gala, nell'ala che da va sui Danubio. Si tratta dello spazio de­scritto all'inizio del présente studio, cioè del territorio dove i forni erano installati: è qui, dunque, che si trovava l'officina di maioliche della fortezza di Buda. Sono largamente noti i rapporti di Mattia Corvino con 1 'Italia : i suoi artisti italiani, l'arredamento in stile rinascimentale del suo palazzo a Buda. La preferenza di Mattia per l'arte del Binascimento diventerà uno stru­mento della dignità, del potere e della gloria imperitura del principe: di »Matthias Rex«, poi »Matthias Augustus«. Nella sua residenza vuole creare, al pari dei principi italiani, un ambiente artistico ; vuole anzi, per quanto possibile, superare i nuovi parenti : gli Aragona di Napoli e gli Estensi di Ferrara, facendo sfoggio di un lusso e di una cultura propri dell'epoca. La sua biblioteca — la Corvina — è la meraviglia del mondo di allora ; serve a diffondere in terre lontane la fama del palazzo di Buda, per mezzo degli ospiti strariieri che vennero a visit are Buda. 140

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