Fülöp Gyula (szerk.): Festschrift für Jenő Fitz - Szent István Király Múzeum közleményei. B. sorozat 47. (Székesfehérvár, 1996)
G. Susini: La Testimonianza Danubiana di un Sagalasseno
JENŐ FITZ SEPTUAGENARIO Giancarlo SUSINI LA TESTIMONTANZA DANUBIANA DI UN SAGALASSENO Nel 1977 venne recuperata a Ratiaria - la città mésica sul Danubio, in territorio bulgaro, dove opera da tempo una Missione italiana di ricerca - l’iscrizione di un cittadino di Sagalassus, ove si legge tra l’altro uninteressante conferma delFascrizione tribale, in etá rontana, di quella città della Pisidia. Si tratta della parte superiore di una grossa stele in pietra calcarea - di cava locale, dalle alture retrostanti 1’abitato antico verso mezzogiomo, più precisamente dal versante occidentale della vallata dell’Arcariza -, mutila sul lato destro (dove tutta la comice è stata asportata) ma integra, con qualche lacuna, nelle prime quattro linee dei testo. Il frammento - se tale si puo definire - è alto m 0,58, è largo 0,54, il suo spessore è di 0,285; 10 specchio epigráfiát superstite è alto 0,35 ed è largo 0,47; le lettere sono alte in media cm 5,6 nella linea 1 ; 6,2 nella linea 2 e 5,7 nelle linee 3 e 4. L’ampia fascia ehe comiciava lo specchio era decorata da sequenze di racemi, ed una corona (di cui è superstite un settore in basso) campeggiava al centro del timpano: uno schema quindi noto ovunque nell’area mesica e danubiana tra la produzione stelare rontana dei primi tempi dell’età imperiale, poichè al I secolo avanzato, ovvero ai primi decenni del secolo seguente, sembra si possa datare la nuova iscrizione ratiariense. II suo testo cosi recita (fig. 1): Lfucius) Antonius /' L(uci) f(ilius) Quir(ina) Va/lens Sa/ [gjalasso. i Merita qualche cenno il processo di preparazione delFiscrizione, ehe un’attenta lettura, aiutata da illuminazioni spécificité consente di descrivere: non è il primo nè il solo caso, tra gli esemplari della produzione epigrafica ratiariense, ehe permette alcune osservazioni sulla cultura tecnica degli scribi e dei lapicidi della granda città rontana, in particolare per quanto concerne 11 disegno preventivo déllé singole lettere - come risultô evidente nell’analisi di un graffito iaterizio (1) - e quindi anche a prescindere dai più complessi problemi compositivi delle grandi stele e dei famosi sarcofagi. Lo scriba che preparó l'iscrizione di L. Antonius Valens si valse anzitutto di un abbondante reticolo di linee di guida, fenomeno abbastanza raro nelf officina ratiariense : Y ordinatio si 1 2 3 4 5 (1) „Ratiariensia“, 1 (1980), pp. 129-131, táv. XXIII. (2) Sul reclutamento dall’Asia Minore nelle legioni danubiane, vd. M. P. Speidel, ANRW, II, 7, 2 (1980), pp. 741-743. (3) Vd. Rüge, Realem., s. v. Sagalassos, ed ivi fonti; vd. inoltre bibi. sotto nota 5. (4) CIG, III, 4368-4378; CIL, III, 6871-6872; IGRRP, III, 341-363; OGIS, 538; „Anat. st.”, IX (1959), pp. 85-87 = Année ép., 1961,14; vd. sotto nota 6. (5) Vd. in particolare D. Magie, Roman Rule in Asia Minor, I, Princeton N. J. 1950,pp. 266, 457, etc.; II, pp. 1139-40, 1419,etc., anche sulla compone infatti di vistose linee orizzontali sulle quali posa il piede delle singole lettere, ed altresi di tre linee verticali, una delle quali distingue lo specchio epigrafico esattamente a metà, proprio in corrispondenza dei lembo inferiore della corona frontonale, sezionando la 0 della prima linea, solcando poi lo spazio tra la V e la I della seconda linea, passando sulla destra dell’interpunzione della linea 3, dove un fallo sulla superficie ha indotto lo scriba a distanziare le due parole ben più dell’usuale, ed inline calando tra la A e la prima S nella quarta linea. Questa rigatura elementare dello specchio epigrafico si accompagna al disegno preparatory delle singole lettere, che in alcuni casi risulta tuttora leggibile dal momento ehe il lapicida non ha seguito attentamento, nel tracciare il soleo, il sottile segno dello scriba, pur ripetendone il ductus: in particolare il lapicida ha inciso alcune lettere aU’incirca un centimetro a destra del relativo disegno (a poco più di mezzo digitus di distanza). Ciô si riscontra in moite lettere, ma visibilmente nella prima N di Antonius, indi nella R (dove il soleo allarga i! tratto obliquo dei disegno), nella V e nella A della seconda linea, nonchè nella A della linea 3. Credo ehe una spiegazione aceettabile dei fenomeno sia la seguente: il lapicida non disponeva di una minuta a parte, e seguiva 1’incisione crecando di intendere quäl ehe lo scriba fo egli stesso, se si trattava della stessa persona) aveva annotato o trasferito sulla pietra impiegando una punta sottile e non già un gesso od un carbon. Il personaggio dell’iscrizione ratiariense - quasi certamente un militare (2) - non consente, al momento, divagazioni sul nome: si tratta di un’onomastica troppo comune sia nell'area mesico-danubiana, dove trovó la morte e la sepoltura, sia nell’area anatolica donde proveniva. La tribù Quirina non è coraunque la tribù di Ratiaria. Qualche interesse solleva invece la domus di L. Antonius Verus, ehe era Sagalassus, oppidum della Pisidia, come recita Plinio (nat. hist., V, 24, 94): città di alto interesse geografico e storico, pur nella non copiosa documentazione degli scrittori (3), nell’esiguità del suo patrimonio epigrafico (4), dove spiccano le numerose dediche imperatorie, e nella problematicità dei dati archeologici e topografici (5), ehe concernono anche là definizione della storia istituzionale (per la quale vd. anche Levick, eit. sotto, e Mitchell, cit. nota 6); L. Robert, Villes d'Asie Mineure, Paris 1962, pp. 103-286, etc.; B. Levick, Roman Colonies in Southern Asia Minor, Oxford 1967, pp. 8, 19, 30, 47, 80, 163, 188, etc.; A., H. M. Jones, The Cities of the Eastern Roman Provinces, Oxford 1971, pp. 125-133, 141-145, e bibi.; questioni istituzionali e bibi. per Tintera Pisidia, Th. Pekáry, ANE W, II, 7,2, pp. 643-647. Vd. infine, per la topoerafia dei territorio, S. Mitchell-E. Owens-M. Wael- KENS, „Anatol. Studies", XXXIX (1989), pp. 67-77, e ibid., XL (1990), pp. 185-198. 95