Tüskés Anna (szerk.): Omnis creatura significans - Tanulmányok Prokopp Mária 70. születésnapjára (2009)

Antik és középkori művészet

Omnis creatura significans che, quasi a voler alludere alia remota origine delle diocesi stesse. Probabilmente furono analoghe le in­tenzioni ideologiche dei Comuni e dei Capitoli dei Ca­nonici di Gemona e Trieste nell’esibire, attraverso steli autentiche e imitate, nonché sculture antiche rilavo­rate, l’orgoglio per la loro antica origine. Ma tutto ciò lo si comprende meglio considerando che tanto in Friuli quanto in Carinzia nel XII e XIII se­colo il linguaggio romanico si era nutrito principal­mente dello studio delle steli provinciali, di cui recepì la semplificata e geometrizzante stereometria. Per il Friuli la critica ha individuato casi paradossali di tale immedesimazione della scultura medievale, e anche successiva, nei modelli popolari antichi, dove si rag­giungono alle volte esiti così ‘fuori dal tempo’ da ren­dere ardua qualsiasi proposta di datazione, come nel caso dell’enigmatica colonnetta lapidea in cui è rica­vata, quasi ad incisione, una primitiva testa, nella chiesa dei Santi Agostino e Daniele a Mereto di Tomba presso Fagagna (Udine).36 Queste libere variazioni sui motivi delle steli non vanno comunque confuse con le citazioni alla lettera prima enumerate. Fra le opere carinziane che solo vagamente si rifanno agli stilemi delle steli si possono ricordare fra l’altro le tre protomi umane del 1174 circa della tomba di santa Hemma (morta già nel 1045) e la lastra terragna del vescovo Ottone (morto nel 1214) nella cattedrale di Gurk,37 nonché la simile lastra terragna di un chierico nella chiesa abbaziale di Viktring, consacrata nel 1202.38 È diffusa l’opinione che in questa sua fase la scultura della Carinzia dipendesse dalla produzione friulana, specie da opere come il pulpito di Grado ed il già ri­cordato altare aquileiese di san Tommaso da Canter- bury.39 Note 1 Cfr. Salvini, Roberto: La scultura romanica in Eu­ropa. Milano, 1956, p. 12. 2 Tigler, Guido: Scultori lombardo-friulani del Tre­cento a Trieste. In: Arte in Friuli arte a Trieste, XXVI, 2007, pp. 35-56, specie pp. 48 ss. 3 Cfr. Wegner, Max: Spolien-Miszellen aus Italien. In: Festschrift Martin Wackemagel zum 75. Ge- burtstag. Köln-Graz 1958, pp. 1-16, specie pp. 3- 6, che ricorda anche in Campania e Basilicata le steli murate nel Duomo di Melfi e in Santa Maria di Teggiano, nonché in case a Teggiano, Atina Lu­cana e Venosa, tutte località d’antica origine. 4 Nel lapidario del Museo Diocesano di Venezia, espo­sto nel chiostro di Sant’Apollonia, si trovano tre steli romane che erano state riciclate some mate­riale edilizio nella basilica marciana: un masso con scudo e trofeo di caccia, frammento di monumento sepolcrale, estratto nel 1963 dalle fondazioni del­l’abside maggiore della chiesa contariniana; la la­pide sepolcrale dei Braetii forse proveniente da Ai­tino e un’edicola funebre pure di probabile origine altinate. Lapidi sepolcrali romane sono state inol­tre rinvenute nelle murature e fondazioni del cam­panile di San Marco e della chiesa di San Lorenzo. Quanto all’uso ornamentale nelle murature esterne dei palazzi, sembra trattarsi di reimpieghi avvenuti nel Sette-Ottocento, cioè Ca’ Morosini-Strozzi ai Santi Apostoli, Casa Ravà sul Canal Grande a San Silvestro, muro di cinta di Ca’ Margilli-Valmarana presso la Strada Nova, cfr. Rizzi, Alberto: Scultura esterna da Venezia. Corpus delle sculture errati­che all’aperto di Venezia e della sua Laguna. Ve­nezia 1987, p. 290 cat. CN 281, p. 344 cat. SP 100, p. 583 cat. OCI 49. 5 Cfr. Cervini, Fulvio: Talismani di pietra. Sculture apotropaiche nelle fonti medievali. In: Lares LXVII, 2001, pp. 165-188. 6 Cfr. La fabbrica del Duomo di Parma. A cura di Carlo Blasi ed Èva Coisson. Parma 2006, p. 143. 7 Cfr. Rebecchi, Fernando: Il reimpiego di materiale antico nel Duomo di Modena. In: Lanfranco e Wi- ligelmo. Il Duomo di Modena. Modena 1984, pp. 326-328, 341 scheda R9. 8 Cfr. ViDULLi Torlo, Marzia: Il Civico Museo di Sto­ria ed Arte e l’Orto Lapidario a Trieste. Trieste 2005. 9 Cfr. Gabelmann, Hans: Achteckige Grabaltare in Oberitalien. In: Aquileia nostra XXXVIII, 1967, coll. 17-54; Traina, Giusto: I pilastri romani di San Donato a Murano. In: Aquileia nostra L, 1979, pp. 294-308. 10 Cfr. Lettich, Giovanni: I Barbii della stele di San Giusto. In: Archeografo triestino S.IV, XXXVI, 1976, pp. 53-84; Verzàr Bass, Monica: Monu­mentifunerari di Trieste. In: Antichità alto adria- tiche XLIII, 1997, pp. 120-121. 11 Cfr. Stroppa, Francesca: Il Sant’Andrea a Moderno e la Riforma Gregoriana nella Diocesi di Brescia. Parma 2007, pp. 35-37. 12 Benché nella Guida rossa del TCI (Milano 2005, p. 301) si legga che le sculture romane sarebbero state riutilizzate a scopo decorativo solo nel ripristino del 1861, conseguente ai danneggiamenti operati dai Giacobini nel 1793, in realtà esiste ampia docu­mentazione tanto iconografica quanto bibliografica che esse vi si trovavano già prima: cfr. Grazioli, Pietro: De praeclaris Mediolani aedificiis. Medio­lani 1735, p. 41 e tavole con le steli dei Vettii e le loro epigrafi, cui lo studioso collegava a torto l’ipo­tesi della costruzione della porta in età romana su commissione di tale famiglia; Giulini, Alessandro: I tentativi di demolizione degli Archi di Porta Nuova. Milano 1900; Beltrami, Luca: Gli Archi di Porta Nuova nel 1845. Milano 1906; Giuliani, Giorgio: Delle mura di Milano. Ristampa anasta­tica. Milano 1972, p. 65; La Porta Nuova delle mura medievali di Milano: dai “Novelli’’ ad oggi: venti secoli di storia milanese. Catalogo della mo­stra (Milano, Castello Sforzesco, Civiche Raccolte Archeologiche e Numismatiche, 1991). Milano 1991. Per altri reperti antichi rinvenuti nelle porte di Milano durante la loro demolizione nell’Otto­30

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